La vincitrice della Sfida dell’accoglienza lanciata dai Dialoghi sull'uomo 2015

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In preparazione alla sesta edizione, quest’anno i Dialoghi sull’uomo hanno proposto a studenti e insegnanti la Sfida dell’accoglienza, un nuovo modo per riflettere insieme e confrontarsi sul tema di grande attualità delle migrazioni e del concetto di accoglienza.  Alla Sfida dell’accoglienza hanno partecipato circa quaranta classi di Pistoia e provincia di tutte le scuole secondarie di secondo grado di Pistoia e provincia, delle classi di III, IV e V superiore. Tutti gli articoli, già preselezionati dagli insegnati sono stati poi letti e valutati dalla giuria ufficiale dei Dialoghi sull’uomo, composta da Marco Aime, antropologo, Francesca Bechini, responsabile volontari dei Dialoghi, Luca Iozzelli, vicepresidente della fondazione CRPT e Giulia Cogoli, ideatrice e direttrice dei Dialoghi, che hanno selezionato la vincitrice che ha ricevuto un buono acquisto del valore di 200 euro da spendere nelle librerie dei Dialoghi sull’uomo e una copia di tutti i volumi della collana dei Dialoghi sull’uomo, diretta da Giulia Cogoli e pubblicata da Utet.
La vincitrice è MARGHERITA NESTI della classe terza del Liceo Scientifico Omnicomprensivo di San Marcello Pistoiese, che ha letto sul palco il suo scritto, che riportiamo intergralmente. Qui il video della premiazione.

"Io e Ibrahim. Accogliere ed essere accolti"
di Margherita Nesti
Liceo Scientifico ominicomprensivo di San Marcello Pistoiese

COSTA D’AVORIO, 2010. Laurent k. Gbagbo, presidente uscente, non accetta l’esito delle elezioni nelle quali viene eletto capo di stato Alassane Outtara. Scoppia così una guerra civile che non risparmia i civili.
In casa di Ibrahim (14 anni, orfano di madre) irrompe un gruppo di miliziani che uccidono suo padre e i suoi due fratelli lasciandolo da solo con una sorella minore.
ITALIA, 2010. Berlusconi al governo, Fini abbandona il PDL, crolla la scuola degli armatori a Pompei.
Frequento il secondo anno delle scuole medie, gioco a pallavolo, comincio a uscire saltuariamente il sabato sera.

LIBIA, 2011. Alcuni rivolte popolari spingono il colonnello Gheddafi a fare intervenire l’esercito, 6000 i morti solo a Tripoli.
Dopo esser stato costretto ad abbandonare la sorella ed aver attraversato il Sahara in condizioni deplorevoli, Ibrahim viene aiutato da un amico e dalla sua famiglia a raggiungere la Libia: di fronte ai suoi occhi, uno scenario analogo a quelle del suo paese d’origine; i due ragazzi vengono arrestati (per questioni di natura etnica) e detenuti per 5 mesi poiché non possono pagare la cifra che è stata chiesta loro per il rilascio.
ITALIA, 2011. Esplode il “caso Ruby”, papa Giovanni Paolo II viene proclamato beato, il Milan vince lo scudetto.
Ho tredici anni e mi preparo per l’esame di terza media, ricevo un telefono nuovo per il mio compleanno, do il mio primo bacio.

LIBIA, 2012. Il conflitto si intensifica, così come le violenze perpetrate nei confronti dei civili.
Ibrahim e l’amico, assieme ad altri compagni di prigionia, riescono ad evadere dal centro di detenzione. Libero, il ragazzo incontra un arabo che gli offre un lavoro non retribuito con la promessa di pagargli la traversata fino alle coste italiane. Ibrahim accetta.
ITALIA, 2012. Monti dà le dimissioni, affonda la Concordia.
Comincio a frequentare il liceo scientifico, partecipo per la prima volta a una gita scolastica di più giorni, bevo il mio primo alcolico.

MAR MEDITERRANEO, 2014. Numerosi sono i barconi di immigrati che transitano dal nord Africa verso le coste della Sicilia, il numero delle vittime dei naufragi sale di giorno in giorno.
Ibrahim è stato stipato su un piccolo gommone assieme a 15 persone. La traversata dura 18 ore in assenza di cibo e acqua fino a quando l’imbarcazione non viene intercettata da una nave italiana e cominciano le operazioni di salvataggio. «La nostra barca era di gomma - racconta Ibrahim -, le persone erano troppe, tutte smaniose di salire sulla nave; accecate dal bisogno di mettere fine a quell’incubo, cominciarono ad agitarsi e a spingersi l’uno contro l’altro, cosicché il barcone si ribaltò. Quasi tutti morirono annegati, ringrazio il cielo di aver avuto la forza di rimaner a galla».
ITALIA, 2014. Renzi riceve l’incarico di formare un nuovo governo, Papa Francesco si reca in Terra Santa, la Nutella compie 50 anni, è arrestato il presunto assassino di Yara Gambirasio.
Decido che all’università voglio studiare antropologia, trascorro le mie giornate estive in piscina con gli amici, comincio ad appassionarmi alla lettura.

SAN MARCELLO PISTOIESE, 11 maggio 2015. Incontro Ibrahim nella mia scuola – io ho 17 anni, lui 19. È qui, insieme ad altri profughi in attesa, come lui, di asilo politico ospiti dell’ex hotel Bellavista in località Le Piastre, per raccontarci la sua storia. Con lo sguardo smarrito, il ragazzo rivive per noi ogni attimo del terrificante viaggio che lo ha condotto fin qui; sorride solo quando ci informa che è riuscito a mettersi in contatto con la sorellina e che lei sta bene.

Gli anni che ci separano sono pochi, ma le esperienze che Ibrahim ha vissuto sono lontanissime dalle mie, come da quelle della maggioranza dei nostri coetanei, miei connazionali: fin da giovanissimo ha dovuto misurarsi con la solitudine, la percezione della morte e gli abusi gratuiti. Dunque sì: Ibrahim è molto diverso da me. Diversi il colore della pelle, la lingua, la cultura, la storia personale. E queste differenze non devono essere attenuate, devono essere piuttosto accolte e colte – riconosciute – nel loro valore. Questo il senso dell’accoglienza, questa l’ambizione delle cooperative CO&so che si occupano, insieme alla Prefettura, dei profughi – come Ibrahim – ospiti nei centri della nostra provincia. Questa una realtà che sembra concretizzarsi a Le Piastre, dove Ibrahim dichiara di sentirsi per la prima volta al sicuro e dove pare aver ritrovato il calore di una famiglia: «alcuni residenti del luogo, specie gli anziani – afferma, infatti, – mi trattano come fossi figlio loro».
Del resto, nei piccoli centri, dove tutti condividono la stessa quotidianità – spiegano gli operatori delle cooperative – è molto più facile accogliere ed essere accolti, instaurare rapporti affettivi ed effettivi, realizzare insomma l’inclusione.

Oggi io e Ibrahim calpestiamo lo stesso suolo. Quando ci salutiamo, leggo nei suoi occhi la mia stessa speranza: quella di un futuro in cui avremo gli stessi mezzi per realizzare i nostri sogni

 

 

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